Saggi di critica d'arte
Non iscrissi questi discorsi coll’intenzione di farli stampare. La scelta dei pensieri e delle frasi fu sempre consigliata dall’immaginazione, che mi
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speciale del loro genio prescrive di limitar nettamente l’orbita dell’ideale, tanto che s’abituano a non intendere più ciò che sta fuori di
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Io son qui a parlarvi di un pittore secentista, ossia di uno di quelli intorno ai quali non s’industria in alcun modo l’acuità, per tanti rispetti
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Signori, io vi chiedo che non aspettiate da me la discussione della bontà di tal concetto. Bisognerebbe eliminare molte idee che adesso la critica ha
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tutto il secolo XVIII, non senza varcar le Alpi, Guido Reni era figura troppo alta perchè si potesse far conto di non vederla, e perchè non paresse
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della grande evoluzione non poteano più concedere ad un’arte rigermogliante sull’antico tronco un’espansione pienamente libera; se i Caracci furono
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non inutile ricordare il suo primo maestro, perchè Guido non ne dimenticò si presto gl’insegnamenti. C’è in questa pinacoteca un suo quadro molto
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Raffaello meno degli altri. Quando l’anima giovanile non ha ancor avuto rivelazione delle sue segrete potenze e si apre ansiosa ai diletti di ciò che la
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serie di cause storiche, si sentano un po’eccitati tutti; giacchè, in fondo, l’artista non è dissimile degli altri uomini se non per la sua facoltà di
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degradazioni con cui essa si sparge sulle varie cose, non potea perseverare in quegli effetti violenti e a lungo andare stucchevoli, poichè non si
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rielaborato dai pittori cristiani. Si direbbe ch’egli abbia pensato che ad adattarlo alle esigenze della sua fede bastassero le sole sue forze, e non s
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, nel pieno del Rinascimento, nell’idolatria dell’arte antica, avea creato un tipo superbamente bello e sano e forte di donne che sembrano non essere
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Il tempo m’incalza, o Signori, ed ormai devo rassegnarmi a far di Guido una trattazione molto incompiuta. I meriti di lui sono molti, ed io non ne ho
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arrovesciata, da cui par che spiri un rantolo ferino, non è da sè sola, colle sobrie pennellate onde n’è risoluta la modellatura, una cosa superiore
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Quando s’è avuto un’anima come quella di Guido, non si decade nella stima della posterità. Che importa se sorgono accusatori? Raffaello nella prima
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da Ercole Roberti chiamato da Domenico Garganelli a frescare la cappella in S. Pietro che noi invano cerchiamo? Ei vide in trono vergini non leggiadre
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Questi bei fiori erano stati trapiantati a Bologna da Marco Zoppo, che ne avea colto a dovizia nel giardino dello Squarcione. Ma non dee ripetersi il
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emulava il Caradosso, e che costoro lo aiutassero nei suoi nuovi esperimenti, ed ei si lasciasse consigliare un po’dall’uno un po’dall’altro. Non c’è
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Vasari l’ebbe letta inesattamente, nè può essere il primo dipinto del Francia. La data, scritta in cifre romane, è il 1494. A questo punto non posso far a
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cui fattura non è difficile riconoscere la circospezione propria di chi maneggia da poco tempo gli strumenti dell’arte, l’incantevole timidità degl
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troviamo a trentasett’anni non solo pittore, ma tanto ammirato pittore da suscitare quest’iperbolica lode.
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Procedendo innanzi nell’esercizio, il Francia acquistò più scioltezza e disinvoltura di mano, non mai vera larghezza di stile. Egli è di quelli che
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; ma nello studiare così da vicino le linee di cui ogni oggetto si componea, non seppero mai astrarne e farne saggiamente sparire qualcuna, come le fa
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, senza dire che tale studio poco gioverebbe non sussidiato dalla presenza stessa delle opere. Dai due saggi del primo periodo pittorico di lui, dei
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Ma la natura di questo ingegno non sarebbe completamente definita, la misura ne sarebbe troppo vagamente limitata, se non si aggiungesse ch’ei sentì
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Del Francia orafo restano due Paci o Maiestati in questa pinacoteca, nielli squisiti, che non si possono guardare senza rammarico che soli testimoni
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sicura preveggenza della gloria riservata a tanto ingegno. S’affezionava ai giovani. Non si leggono senza tenerezza quelle pochissime parole, tanto
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, distinto più che separato dai primi, non presago dei secondi, che pur gli terranno dietro rapidi come lampo. Tale è il suo posto nella storia, un posto
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divenir pittore, non prevedea certo che uno dei più pregiati ornamenti del palazzo sarebbero stati i suoi affreschi, principalmente quelli della storia di
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Addestratosi al pennello in mezzo ad artisti, la cui abilità gli fece certamente pensare in sulle prime che non gli era facile schierarsi alla pari
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, posseduto da Giovanni II Bentivoglio; ma, seppur non perì o non andò dispersa nella caduta di quella famiglia, certo quell’opera, ancor lungi da slanci
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discepoli diretti di lui non conservano le grazie raffaellesche se non a patto di farne una specie di revisione e di correzione, adattandole a quell
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di espressione dei primitivi inesperti, Bologna, dico, non era preparata e disposta ad accettar l’arte di Michelangelo com’erano Firenze e Roma, dove
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fosse stata l’applicazione, libera in ogni individuo, di quel principio intimo ond’è animata l’arte di Raffaello; se questa insomma non si fosse
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tracciata dal maestro. Non s’avventurarono a percorrerne ogni spazio; ma non si chiusero, come gli altri, in tanta angustia di siepe. C’è una formola
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periodo storico. Non parlo di Giacomo Boateri che lavorò pochissimo e di cui resta, unico saggio autentico, una sacra famiglia nella galleria Pitti
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coraggio, ad indagar la giustezza dell’attribuzione, la quale è ugualmente del Ricci), il Chiodarolo sembra un pittore, non solo privo di ogni spirito di
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Giacomo Francia in tutta la vita non sembra aver avuto altra ambizione che di somigliare a suo padre. Ma non è mai avvenuto che chi parte da un
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raffaellisti non solo, ma tra le purgatissime delicatezze di Benvenuto Garofolo, tra la florida grandiosità di Girolamo da Carpi, tra il brio decorativo c
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pittura bolognese da non lasciar scorgere facilmente a prima occhiata quelle degli altri. Sono il Bagnacavallo e Innocenzo da Imola, ambedue nell
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della mente che l’ha accolto, è da considerare piuttosto che, non volendo l’imitatore ripetere tali e quali gli esemplari idoleggiati (chè allora
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, tutt’al più, alcuni brandelli superficiali, sostituire l'erudizione, il calcolo, la pratica al genio, è qualche cosa, ma non è il processo psicologico
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. Michele in Bosco il Bagnacavallo, avendo a dipingere una Trasfigurazione, non sa concepirla in maniera diversa da quella famosissima, che i romani
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pose, per la sapienza dei mezzi tecnici, per l’assenza di ogni convenzione, per la bellezza del colore. Purtroppo, quando fu discoperto, non si fece
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’arte era spinta da due ingegni prepotenti sì che non sembrano umani, Leonardo e Michelangelo, cooperatore del gran moto, ma troppo chiuso nel suo
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ingannevole, ove non c’è che l'approssimativo della forma, ove le carni non hanno consistenza. Dinanzi al Bagnacavallo e ad Innocenzo da Imola convien passare
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, rattrappita, sdilinquita! Come composizione, è confuso: figure pigiate su figure, tanto che sembra non aver l’artista messo in rapporto il numero delle
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L’altro di cui mi resta a parlare è Biagio Pupini, detto Biagio dalle Lamme, la cui adesione ai raffaellisti non cancellò la sua provenienza dal
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Quando anche il timore, o Signori, di essere indiscreto, trattenendovi qui troppo lungamente, non mi avesse obbligato a correre rapido nel vasto
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compressa; ed ha tanto più potere quanto più si connette con quei sentimenti sì delicati e verecondi che al pubblico non vogliono essere manifestati
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